SEPARARSI SI, SEPARARSI NO, SEPARARSI COME?
E’ notizia apparsa quest’estate quella che riferiva per il primo semestre 2015, nella nostra regione un boom di richieste di divorzio breve ( a tal proposito consiglio QUESTO INTERESSANTE ARTICOLO DI CHRISTIAN SEU). Il Decreto Legge 132/2014 istituisce, infatti, il “divorzio breve”: se i coniugi sono consensuali, basta aspettare sei mesi per poter chiedere il […]
E’ notizia apparsa quest’estate quella che riferiva per il primo semestre 2015, nella nostra regione un boom di richieste di divorzio breve.
Il Decreto Legge 132/2014 istituisce, infatti, il “divorzio breve”: se i coniugi sono consensuali, basta aspettare sei mesi per poter chiedere il divorzio, anche se ci sono figli. La legge 898 del 1970 prevedeva, invece, una separazione di tre anni a decorrere dall’udienza in tribunale. Ora il termine di sei mesi decorre già dalla data del deposito del ricorso o da quella della sua notifica se presentato solo da un coniuge. Se non c’è accordo tra marito e moglie, il tempo di attesa è invece di un anno. Insomma separarsi oggi risulta più facile.
I tassi di separazione e divorzio in Friuli Venezia-Giulia, secondo dati Istat, sono fra i più alti in Italia, seguono solo quelli di Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trentino e Lazio. I matrimoni più recenti durano di meno. Confrontando i matrimoni celebrati nel 1985 con quelli del 2005, le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione sono raddoppiate, passando dal 4,5% al 9,3%.
Se, da un punto di vista formale, la procedura è più snella, ciò non esclude che i costi emotivi conseguenti a tale scelta non siano diminuiti. Anzi, la rapidità con la quale la si esegue, favorisce superficialità e carenza di consapevolezza, lasciando aperta la via alla mancata elaborazione dell’esperienza. Si sa che l’esperienza della separazione porta con sé sentimenti di fallimento, disistima e sensi di colpa, nonché difficoltà pratiche ed economiche nel riorganizzare la vita propria e quella dei figli. Senza considerare, per il momento, le ripercussioni sui figli, che meriterebbero una valutazione a parte!
Si sottovaluta o si ignora la possibilità offerta dal disaccordo di coppia di crescere come persone, di imparare ad instaurare più efficaci modalità comunicative, di imparare a dissipare il conflitto in modo costruttivo. E tale mancato apprendimento pone le basi di un probabile insuccesso di una futura relazione di coppia. Insomma, il divorzio breve corrisponde bene ad una filosofia di vita “consumistica”, secondo la quale se un oggetto si rompe o non risponde alla nostre esigenze, si cambia, senza porsi troppe domande.
Ci si è chiesti quale sarà il prezzo che pagheranno le future generazioni? A loro arriverà il messaggio che dai propri errori è opportuno imparare qualcosa, diventando persone migliori? Nel merito, L’approccio della psicologia alla questione e della psicoterapia familiare, in particolare, è completamente diverso: indica alla coppia in crisi l’opportunità di riprovare, di cimentarsi a tener in piedi la relazione, cercando nuovi equilibri. Indica ai componenti la coppia l’opportunità di comprendere meglio se stessi e le proprie situazioni di vita, per migliorare, per evolvere verso una più completa e profonda umanità. E’ questa che vorremmo lasciare in eredità ai nostri figli.
La psicoterapia di coppia concede alla coppia di verificare se è possibile ricompattarla con nuove modalità o se esiste una reale incompatibilità di coppia, riduce i pesi emotivi, che ricadono su entrambi i coniugi e quelli che ricadono sugli eventuali figli. Permette di conoscere più a fondo se stessi e l’altro, di diventare persone migliori, anche a vantaggio di possibili future relazioni.
Anche i tassi di separazione e di divorzio, in continua crescita dal 1995, hanno una battuta d’arresto nel 2012. Per ogni 1.000 matrimoni si contano 311 separazioni e 174 divorzi.
La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 16 anni per le separazioni e a 19 anni per i divorzi.
I matrimoni più recenti durano di meno. Confrontando i matrimoni celebrati nel 1985 con quelli del 2005, le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione sono raddoppiate, passando dal 4,5% al 9,3%.
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